lla natura dei fatti - di cUFO-crash a Guardiaregia? ALLA RICERCA DIUN MISTERIOSO VELIVOLO PRECIPITATO SU UNA MONTAGNA DEL MOLISE di RENZO CABASSI Nel fantasmagorico e a volte pittoresco universo dei fenomeni UFO si sono spesso create terminologie ad hoc per esprimere con poche parole, se non con una sola, eventi di certo sempre molto complessi. Parole come "abduction", "incontro ravvicinato" - divenuta ormai una espressione ricorrente nel comune parlare, in special modo giornalistico -, sigle come UFO, USO, IR3, LN. A volte parole mediate da altri ambienti e da altre situazioni come "cover-up" e... "UFO crash"... Gli UFO crash sono certamente, tra gli eventi UFO, quelli che più attraggono il field investigator, l'investigatore sul campo. Ovviamente in questa categoria, assolutamente distinta dai casi di atterraggio di qualsiasi tipo, troviamo oggetti naturali e artificiali convenzionali in grande quantità: meteoriti, frammenti di satelliti o sonde spaziali, pezzi di velivoli civili e militari. Ma troviamo anche casi complessi di difficile inquadramento in una spiegazione convenzionale, quindi interessanti la nostra disciplina che, non ci stancheremo mai di ripetere, non si occupa di astronavi extraterrestri, ma del fenomeno degli Oggetti Volanti Non Identificati, visti, al limite, anche in una ipotesi extraterrestre della quale, del resto, non siamo paladini ma solo coscienti e responsabili studiosi. UFO SUL MONTE MUTRIA Non pareva vero, quindi, sia a me che ai colleghi del Progetto AirCat, che raccoglie e studia gli avvistamenti ufologici da parte di piloti civili e militari, di venire a conoscenza della notizia di un impatto misterioso: un UFO crash su di una montagna del Molise. Tra il 14 e il 19 marzo 1994 la segreteria di Torino del CISU riceveva dall'Eco della Stampa ritagli giornalistici che riferivano di una segnalazione proveniente da Guardiaregia dell'impatto di un oggetto volante sul monte Mutria avvenuto il 6 marzo. Un altro articolo di quotidiano riportava la dichiarazione di due piloti di un superleggero che dichiaravano di aver osservato un oggetto in volo a pochi chilometri da Termoli. Le due località sono entrambe in Molise, in provincia di Campobasso. La contemporanea segnalazione da Termoli di un oggetto non identificato osservato da bordo di un ultraleggero coinvolgeva, per il Progetto AirCat, Marco Orlandi, coordinatore del progetto stesso, e Roberto Raffaelli. Iniziavano immediatamente i primi contatti telefonici e verbali con i molti protagonisti di questa osservazione, sia semplici cittadini che istituzioni ufficiali e il quadro che si presentava era sempre più enigmatico. Decidemmo di impostare l'intera inchiesta, su quello che stava diventando il "caso di Guardiaregia", con una particolare attenzione all'aspetto aeronautico. L'inchiesta partiva dal-l'ipotesi che ci trovassimo di fronte ad una segnalazione di un velivolo più o meno convenzionale, con tutte le implicazioni che ciò comportava. Non è nostra abitudine entrare in un caso con una ipotesi già formulata in tasca, anzi, la consideriamo una forzatura metodologica. Ma le caratteristiche dei dati in quel momento in nostro possesso, l'importante dispiegamento di mezzi messo in gioco in una vera e propria operazione di soccorso ci avrebbero permesso, una volta tanto, un approccio non strettamente ufologico ad una segnalazione UFO. Quindi, pur nella più ampia apertura mentale alle possibili congetture sulla natura dell'oggetto osservato in Molise, distaccarci un attimo dalle anomalie proprie ad ogni evento UFO, occupandoci magari di problematiche legate alla portanza alare, all'effetto di un crash di un piccolo velivolo, al comportamento di traiettoria di un RPV, di un drone, ecc.; alla possibile presenza di velivoli non tradizionali in una data zona; agli effetti di un rientro in atmosfera di un satellite artificiale o parti di sonde spaziali, razzi vettori, ecc.; ai possibili protocolli di recupero di un velivolo automatico da ricognizione, o altro oggetto tecnologicamente avanzato di cui necessita il recupero, precipitato. Un approccio anche con strumenti di rilevazione, come contatori Geiger, di solito usati in inchieste UFO in modo arbitrario, ma qui con qualche giustificazione plausibile, e con strumenti metodologici ordinari, come la ricerca di tracce di vernice su eventuali rami e alberi spezzati, ecc. Eppoi, abituati come siamo a non considerare mai che le segnalazioni UFO debbano necessariamente riferire oggetti con attitudine al volo, siamo sempre disponibilissimi ad accettare dati a volte più che esotici. Ogni forma dell'oggetto che il testimone ci racconta di aver visto e ogni trasgressione a principi di meccanica, di aerodinamica, di fisica sono da noi correttamente e acriticamente registrati. Velocità enormi, aspetti per nulla aerodinamici, repentini cambiamenti di rotta, ecc.; anzi, come spesso diciamo, più la stranezza (o meglio, l'indice di stranezza) è alta, più abbiamo a che fare con fenomeni UFO. In questo caso, invece, volevamo provare a ricercare forse sì lo straordinario, ma non il difficilmente possibile. Si decise quindi di iniziare una indagine che più che ufologica avesse caratteristiche, come detto, di tipo aeronautico. Purtroppo le condizioni meteorologiche di quel periodo e la zona dell'incidente, impervia, rendevano difficile un immediato sopralluogo sulla montagna e, quindi, in attesa di tempo, e di tempi, migliori si potevano raccogliere ed analizzare le interessanti dichiarazioni delle persone a vario titolo coinvolte. INIZIANO LE INDAGINI I primi testimoni intervistati furono le due persone che osservarono un oggetto volante da bordo di un ultraleggero: Umberto Pilla e Rocco Antonio Rosati, di Termoli (CB). La scelta era obbligata poichè di loro sapevamo già nome e cognome fin dalle prime fonti giornalistiche. La correlazione tra questa osservazione e l'evento UFO-crash sul monte Mutria era, in realtà, abbastanza artificiosa. Si basava solo su una circostanza di tempo: i due fatti erano accaduti il 6 marzo nel pomeriggio; ed una di spazio: la zona geografica era circoscritta da una relativamente piccola area della parte sud-occidentale della provincia di Campobasso, al limite con il confine campano. Pilla e Rosati si trovavano a bordo di un ultraleggero, uno Zenair 70. Erano decollati da un po' di tempo da una pista a circa 4 chilometri da Termoli. La giornata era bella e dopo qualche giro sulla città i due si trovavano sull'aviosuperficie, temporeggiando per la discesa. Ai comandi si trovava Umberto Pilla: 6/700 metri di quota e una velocità di circa 80/85 miglia orarie (104/110 Km/h). Rosati, meno impegnato del compagno di volo, scorgeva, ad un certo momento in lontananza, in direzione della montagna matese, un punto luminoso: poco più di una "sferetta". Sono circa le 16.30, il soleimes New Roman">Sono circa le 16.30, il sole sta calando. Rosati attira l'attenzione dell'amico e così tutte e due possono seguire l'evento. L'oggetto, sferoidale, appare molto illuminato dal sole sul lato destro di chi osserva. Il riflesso, forte, tende a dare caratteristiche visive asimmetriche all'oggetto, cioè sferoidale con una parte (la riflettente) più protuberante, mentre l'altra con contorni più sferici e leggermente evanescente. L'oggetto pare avere una andatura rettilinea, diretto verso nord, forse proveniente da ovest, secondo i testimoni, ad una quota non di molto superiore a quella del loro velivolo. La distanza, ad occhio, poteva essere calcolata in circa 6 chilometri e la velocità non era di molto differente da quella del piccolo aereo dei testimoni. Giusto il tempo di qualche considerazione sulla natura dell'oggetto, una manciata di secondi, 5 o 6, ed ecco che questo scompare alla vista dei due osservatori, apparentemente dissolto nell'aria. All'atterraggio i due testimoni parlano con alcuni amici, appassionati come loro del volo amatoriale. Qualche parola un po' ironica e una battuta conclusiva: «_se c'è stato qualcosa di strano in cielo, domani lo leggiamo sui giornali». E sui giornali dell'indomani si leggerà di un misterioso oggetto «precipitato» sul monte Mutria. Il quotidiano Il Tempo del 7 marzo, edizione Molise, Isernia-Campobasso, in una cronaca da Guardiaregia titolava: "Schianto sul monte Mutria, un UFO?". L'articolo vale la pena di essere riportato quasi per esteso: «Un oggetto volante non identificato di forma ovoidale si è schiantato ieri pomeriggio [6/3/94, N.d.R.] sulla cima del monte Mutria, nel territorio di Guardiaregia. La segnalazione dell'avvistamento è arrivata ai carabinieri di Guardiaregia che hanno subito avvertito i vigili del fuoco ed i colleghi del comando di Campobasso, oltre al personale del CAI. E' ancora mistero sull'oggetto volante precipitato intorno alle ore 16: il chiarimento dell'evento in giornata. Ieri non è stato possIbile raggiungere la cima della montagna. La zona è impervia (situata a 1823 metri di altezza) ed è raggiungibile solo dall'alto. Solo stamattina, dunque, si potrà sapere se si tratta realmente di un 'UFO' oppure di un aereo da turismo schiantatosi al suolo. Un elicottero si leverà in volo da Salerno e sarà assistito nelle operazioni di ricerca dai carabinieri e dal soccorso alpino. E' stata allertata anche la sala operativa dei vigili del fuoco di Roma....». Il giorno dopo, sempre sul quotidiano Il Tempo, si ritornava sull'argomento sotto il titolo "UFO, falso allarme": «Burla di inizio marzo, corpo extraterrestre, aereo precipitato? Difficile dare una spiegazione. Il fatto certo è che ieri mattina fino alle dieci, due elicotteri, uno dei vigili del fuoco di Salerno e l'altro dei carabinieri di Bari, hanno perlustrato la zona di monte Mutria ai confini tra il Molise e la Campania, ma dell'oggetto strano avvistato nel pomeriggio di domenica scorsa, nessuna traccia_ carabinieri, vigili del fuoco, prefettura e uomini del CAI si sono messi subito al lavoro per individuare la zona dove era stato visto cadere un oggetto di due metri di diametro, dalla forma simile a un aliante». Sullo stesso quotidiano e alla stessa pagina un breve articolo sulla segnalazione contemporanea dei due piloti privati di Termoli. GLI APPROFONDIMENTI Con questo materiale a disposizione abbiamo iniziato immediatamente l'indagine che è consistita in una prima fase dove, nell'impossibilità di raggiungere in quella stagione e con quelle condizioni meteorologiche la zona, ci si è impegnati in interviste telefoniche e nell'invio di lettere alle autorità coinvolte nell'incidente. Un giro di lunghe telefonate con redattori e corrispondenti di quotidiani e radio-televisioni locali, amministratori comunali e abitanti del comune molisano, ci presentavano un aspetto ben più drammatico sulle operazioni di soccorso di quanto emergeva dagli articoli giornalistici, che, tra l'altro, non avevano avuto un grande risalto nelle province e, tantomeno, nelle regioni confinanti. Le dichiarazioni che raccoglievamo parlavano generalmente, più che dell'oggetto misterioso caduto sulla montagna, di un traffico notturno di elicotteri nella serata e nella notte tra domenica e lunedì, oltre a quello ufficiale di lunedì mattina; di "invalicabili" posti di blocco; di massiccia presenza di forze dell'ordine. La gente della zona, nella quasi totalità, riteneva che fosse caduto un aereo, o qualcosa del genere, e che le autorità competenti avessero trasferito la carcassa nottetempo dando la massima segretezza - sui motivi non si facevano illazioni - all'operazione. Questo era l'evento principale. Sicuramente il fatto eclatante, per tutti, era rappresentato dalle massicce operazioni di ricerca intraprese appena l'allarme giunse al prefetto e da questi, per mezzo della Protezione civile, partì la messa in azione della speciale Squadra di Soccorso Alpino del CAI, Club Alpino Italiano. Il tutto a partire dalle ore 16 circa (e questo potrebbe dare una ragione all'orario - sbagliato - pubblicato dal quotidiano di cui più sopra) di quella domenica. Ma a noi premeva soprattutto capire cosa aveva generato simili operazioni, reali o ingigantite che fossero. Andiamo quindi con ordine riportando la cronaca così come emerge dalle interviste telefoniche da noi effettuate e dall'inchiesta in loco, la prima, svoltasi il 28 maggio del '94 «_ CADUTOUNAEREO» Angelo Giambattista, 18 anni, rientra a casa verso le 14-14.20 di quella domenica. Guardiaregia ha l'aspetto di molti piccoli comuni di quella parte del Molise: abbarbicato su diversi speroni di roccia, si sviluppa su vari, spesso ripidi, dislivelli. Siamo a 730 metri sul livello del mare. La casa di Angelo ha l'ingresso sulla strada e ha di fronte la grande montagna, resa famosa dalle azioni di brigantaggio avvenute anche sul finire del secolo scorso. Angelo Giambattista ci racconta: «Mi sono voltato, varcando la porta di casa, perchè siamo abituati a guardare la montagna. Ho visto un oggetto colore scuro che volava, cioè, stava per atterrare sulla montagna proveniente da est, dalla mia sinistra. Ho visto quando ha sfiorato la neve. ha fatto come fa un gatto: ha battuto e poi ha fatto un balzo. Poi ho visto questa 'macchia nera'. Ma era lontana, è stato questione di attimi. Poi ho detto a mio padre quello che avevo visto». Per Angelo non c'è null'altro da aggiungere, specialmente dopo che è stato interrogato dai carabinieri, cosa che lo ha colpito profondamente e negativamente inducendolo a non tornare volentieri sul discorso. In questa sua decisione, che diverrà in breve tempo radicale (e quindi non vorrà proprio più saperne di parlare con alcuno), sarà in seguito assolutamente protetto da familiari e amici. Il padre di Angelo, Franco, decide subito di controllare quello che dice il figlio. Franco Giambattista, 45 anni, faco Giambattista, 45 anni, fa parte della polizia comunale. Ha fatto il militare in aeronautica ed ha una buona conoscenza degli aerei, anche se un po' datata, e una grandissima conoscenza della montagna Matese ed in particolar modo del monte Mutria, conoscenza derivata, oltre che dall'essere nato a Guardiaregia, anche per ragioni di servizio (deve controllare spesso la zona) e, aspetto non secondario, per una passione naturalistica che lo conduce spesso sulla montagna. Entrando in casa Angelo esclama, rivolto al padre, «Guarda che su monte Mutria è caduto un aereo!». A Franco Giambattista la cosa pare, per un attimo, uno scherzo, ma alle insistenze del figlio non gli rimane che affacciarsi sulla porta munito di binocolo. Sono trascorsi pochi secondi. Nella direzione indicata da Angelo distingue a occhio nudo due ombre nere che si stagliano ben definite, nonostante una leggera foschia, sulla neve fresca caduta nella settimana appena trascorsa e anche il giorno precedente. Ricapitolando: un oggetto volante proveninte da est è parso impattarsi sulla parete del monte, provocando due macchie che si trovano in un canalone a circa 100/150 metri sotto la cima del monte (1.823 metri sul livello del mare.) Ma è meglio osservare la scena con il binocolo. La prima ombra, leggermente più in quota dell'altra, ha un aspetto ovaleggiante e dà l'impressione di avere intorno la «neve spazzata» secondo il racconto di Franco Giambattista. La seconda, a circa 20/30 metri dalla prima, leggermente più in basso nel canalone, presenta invece una sorta di struttura che il testimone, sulla scorta delle sue conoscenze del servizio militare, definisce di tipo aeronautico. Accanto a questa struttura, un oggetto che pareva un'ala d'aereo, però molto appuntita, messa in verticale, apparentemente affiorante dalla neve accanto alla sagoma ovaleggiante di quella che potrebbe essere una fusoliera. Lungo il perimetro della sagoma ovaleggiante, a fronte dell'osservatore, si potevano scorgere delle specie di finestrini, «piccoli», precisa il testimone. Secondo Giambattista questo «oggetto» strutturato poteva avere una lunghezza di tre o quattro metri e il suo colore era assolutamente nero, come del resto nera era quella sorta di ala appuntita che si ergeva dalla neve. Giambattista telefona immediatamente al 112 (quindi al comando dei carabinieri di Campobasso), più che per dare l'allarme per chiedere di controllare o andare a vedere se potesse essersi trattato di un incidente aereo. Dopo poco un maresciallo dei carabinieri della stazione di Vinchiaturo si reca dal Giambattista ed insieme raggiungono la zona Montagna Vecchia e lì controllano, ambedue muniti di binocolo, le due ombre osservate precedentemente e così anche il carabiniere potrà vedere l'«oggetto». Sono le 16. Contemporaneamente, a quanto pare, scattano automaticamente i dispositivi di allarme che porteranno nel giro di circa un'ora e mezzo, tre ore dopo l'«incidente», a costituire una sorta di cordone sanitario per evitare che curiosi ostacolino l'operazione e la mobilitazione della protezione civile con la Squadra del Soccorso Alpino, che avviene verso le 17.30. Intanto, in varie parti della cittadina molisana e del suo circondario si formano capannelli di osservatori che costituiranno in seguito un altro e diverso gruppo di testimonianze. Attorno alle 20-20.30 la situazione è la seguente. Tutte le strade di accesso alla montagna sono controllate da polizia della strada, carabinieri e( ci è stato detto da persone responsabili presenti in loco, ma la cosa non trova al momento alcuna spiegazione nei fatti) Guardia di finanza e_ Digos. A valle, prima ai piedi della montagna nei pressi di un cantiere-cava poi nella zona denominata "Montagna Vecchia", da dove è più facile illuminare la cima del monte Mutria, è in funzione un faro dei vigili del fuoco di Campobasso con una gittata garantita di almeno duemila metri, anche se il cerchio di luce risultante poteva servire solo ad una leggera illuminazione di area e non garantire alcun puntamento più ristretto a causa del cono di luce molto largo che produce. La squadra del Soccorso Alpino, complessivamente otto uomini, sta già incominciando i preparativi per la marcia che condurrà due di loro sulla vetta e, da qui, nel canalone dove è stato segnalato l'oggetto non identificato. Nel quadro complessivo va anche rilevato che ci sarebbe una testimonianza di un uomo che avrebbe riferito di aver udito un rumore, simile a quello di una sega elettrica, mentre si trovava nel bosco ai piedi della montagna. L'informazione è genericamente riferita al primo pomeriggio. Non siamo riusciti però ad ottenere la testimonianza diretta di quest'uomo pur avendolo probabilmente identificato. Raccoglieremo poi in seguito almeno quattro testimonianze verbali di persone assolutamente attendibili, due delle quali anche qualificate per la correttezza dell'informazione, che ci diranno che nella serata di domenica, circa sei/sette ore dopo l' incidente, intorno alle ore 20, almeno tre elicotteri non identificabili si trovavano a ridosso della montagna, in prossimità della parte più in quota del canalone uno a destra e due a sinistra dell'imbuto naturale. Un altro elicottero sarebbe stato osservato attorno alle 17.30 ma si sarebbe limitato a sorvolare a bassa quota la vallata ai piedi della montagna. Verremo a conoscenza anche di voci, sempre debitamente controllate ma su cui è difficile garantire l'esattezza informativa, che anticipano già attorno alle 15 del pomeriggio di domenica 6 marzo l'arrivo di elicotteri; ed altre, sempre controllate ma ancora più difficilmente valutabili in quanto ad esattezza, che parlano di grande traffico notturno, tra domenica e lunedì, di velivoli, dal rumore sempre elicotteri, su Guardiaregia e in prossimità della montagna. Vi sono voci, poi, difficilmente verificabili di telefonate anonime giunte ai carabinieri e alla protezione civile che riferivano di due elicotteri che avevano prelevato dalla montagna un_ missile! Nella notte, dopo un primo tentativo di raggiungere la vetta da parte della Squadra del Soccorso Alpino, costretta a rinunciare per difficoltà tecniche, verso l'una del 7 marzo con mezzi d'alta montagna più specializzati e con l'uso di una motoslitta, i volontari raggiungono prima la vetta di monte Mutria e poi il canalone dove dovrebbe trovarsi l'oggetto non identificato. Hanno l'ordine tassativo da parte dei carabinieri di non avvicinarsi a qualunque cosa trovino, ma di comunicare via radio i possibili ritrovamenti di qualsiasi tipo di oggetto ed attendere indicazioni su come procedere. Inizia una discesa resa pericolosa dal ghiaccio e dalla stanchezza: il gruppetto, coordinato dal responsabile della stazione del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) di Campobasso, Antonio Venditti, è in azione praticamente da quasi nove ore. Alla luce di un motofaro Enzo Di Froscia e Guglielmo Ruggiero scendono a perlustrare la zona. Sono sicuri di essere nel canalone giusto poichè da valle chi li dirige può vedere chiaramente il loro motofaro. Le due punte del Soccorso Alpino non scorgono nulla, nemmeno rami spezzati o tronchi rotolati sulla neve che da lontano avrebbero potuto creare l'illusione di un oggetto strutturato. Riferiscono, via radio, solo di aver notato, ma non beato, ma non ben distinto, una debole «fiamma», nella prima fase del loro calarsi nel canalone sulla loro destra in direzione del monte Tre Confini, ma potrebbe essersi trattato di qualsiasi cosa illuminata dalla luce del loro motofaro o dalla fotoelettrica dei vigili del fuoco. Anche dalla postazione sulla Montagna Vecchia qualcuno crede di vedere balenare questa «fiamma». Felici di non essersi trovati in mezzo ad una tragedia aerea ma delusi dell'inutilità dei pericoli corsi nella marcia notturna, i due uomini del Soccorso Alpino aspettano in vetta le prime luci del mattino quando saranno prelevati da un elicottero dei vigili del fuoco di Salerno con cui sorvoleranno per un po' di tempo la zona, sia in quota che nella vallata, alla ricerca di tracce di qualsiasi genere. Ripeteranno ancora una volta la perlustrazione con un altro elicottero dei carabinieri di Bari, giunto nel frattempo chiamato dalla centrale di Roma, senza per altro avvistare alcunchè di riferibile ad un velivolo di qualsiasi natura. Da terra, quel mattino del 7 marzo, con binocoli e cannocchiali, la gente, e tra questi anche Franco Giambattista, vede nel canalone, dove una ventina di ore prima si potevano notare due macchie scure, solo un liscio e apparentemente incontaminato triangolo di neve. SUL CAMPO DELL' «UFO CRASH» Finalmente, dopo parecchie settimane di cattivo tempo o indisponibilità di qualcuno dei protagonisti riusciremo ad organizzare una spedizione nel canalone di monte Mutria, ovviamente con le guide della Squadra del Soccorso Alpino. Organizzeremo, nel frattempo, anche un ulteriore incontro con i testimoni, in special modo quelli che non siamo riusciti ad intervistare, per vari motivi, nella nostra prima inchiesta a Guardiaregia. Il 9 luglio del 1994 siamo finalmente sul campo. Roberto Raffaelli ed io. Andremo sul monte Mutria il giorno dopo e quindi passeremo la giornata sia parlando con altri testimoni a Guardiaregia, sia a verificare a Termoli, alla Capitaneria di porto, una voce che vorrebbe che nella serata di domenica 6 marzo, un oggetto luminoso proveniente dall'entroterra molisano si sarebbe diretto verso il mare aperto e la Capitaneria avrebbe indagato su questa circostanza. Alla Capitaneria ci confermano le voci di quella serata, ma escludono un qualsiasi loro interessamento e, ancor più, intervento. Nel pomeriggio, a Guardiaregia, ci incontriamo nuovamente con Franco Giambattista. Angelo, che è poi il primo e più importante testimone, è già sfuggito, per l'ennesima volta, ad un nostro incontro. Non vuole assolutamente mai più ritornare sull'argomento. Definitivamente. Questo pone un grosso limite all'evoluzione della nostra inchiesta. Infatti pare che Angelo sia l'unico ad aver seguito una, anche se minima, parte del volo dell'oggetto. Anzi, di più. Si diceva in precedenza che vi era almeno un altro gruppo di persone che in paese, quel pomeriggio, aveva osservato l'oggetto misterioso sul monte. Ebbene durante una delle fasi dell'inchiesta a Guardiaregia si è appurato che questi non avevano osservato la stessa zona segnalata da Giambattista, ma per alcune ore avevano contemplato un grosso masso sulla cresta della montagna che ha, a dire il vero, molta somiglianza con un piccolo aereo poggiato sulla pancia. E questo causerà, in pochi minuti, l'esclusione di almeno 15 testimoni dalla nostra inchiesta. Alla sera ci incontriamo, nella sede del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico di Campobasso, con gli uomini della squadra operativa del 6 marzo e per i preparativi del giorno dopo, ma anche per approfondire un po' meglio quella notte sul monte Mutria. Parleremo anche di UFO, ovviamente: argomento sempre di un certo interesse. Ed eccoci infine sul monte. In condizioni climatiche che fanno immediatamente scordare di essere in luglio. Nubi basse, visibilità di pochi metri, vento fortissimo, freddo intenso. Nonostante le condizioni abbastanza sfavorevoli si decide ugualmente di scendere nel canalone, non tutti però ma, per ragioni di sicurezza, solo un piccolo gruppo formato da tre uomini del CNSAS, tra cui i due di quella notte (Ruggiero e Di Froscia) e il nostro Roberto Raffaelli. Nulla è stato trovato di probante che qualcosa sia effettivamente precipitato in quella zona su cui abbiamo condotto le ricerche. UN VENTAGLIO DI IPOTESI Possiamo ipotizzare, in questo momento di necessaria sintesi, che l' UFO-crash di Guardiaregia potrebbe essere stato un crash di un oggetto automatico, di natura militare, per la ricognizione aerea. Un evento, questo, che ormai appartiene alle possibilità di ogni giorno e di cui ha trattato Roberto Raffaelli, riportando proprio il caso di Guardiaregia, in un suo articolo apparso sulla rivista Aerei [n. 10, ottobre 1995], a cui rimandiamo gli interessati. Effettivamente, sulla scorta dei dati emersi da questa nostra indagine dobbiamo prendere atto, con tutte le precauzioni metodologiche possibili, che la variabile drone (vedi box di Nico Sgarlato) dovrà sempre più essere presente nelle nostre future inchieste su Oggetti Volanti Non Identificati, sia crash che segnalazione di oggetti in volo. L'ipotesi drone per il caso preso in esame, visti i risultati negativi delle ricerche e perlustrazioni effettuate in zona, prevede però l'esistenza di tutta una serie di dispositivi per far scomparire qualsiasi traccia di un tale crash da far ricordare le migliori trame di film di fantascienza. Una operazione immediata di elicotteri per prelevare i resti del velivolo, la susseguente azione di almeno tre elicotteri per cancellare ogni traccia, quindi vari sorvoli per assicurarsi della perfezione del lavoro di bonifica. Poi cover-up: allarme in grande stile, però pilotato nei tempi in modo da mettere più tempo possibile tra l'incidente e ogni possibile spiegazione. I soccorsi partiranno praticamente di notte e dal primo allarme (circa 14.30/15) alle prime verifiche (16/16.30) alla mobilitazione delle squadre di soccorso (17.30) si sono perse ore preziose in cui si poteva intervenire anche con elicotteri alla luce del giorno. Si è invece giunti alla lunga notte di quei primi giorni di marzo (circa undici ore e mezza, dal tramonto, pochi minuti prima delle 18, all'alba attorno le sei e mezza); ancora attività notturna di qualche elicottero, tutto sotto il controllo di carabinieri e polizia. Di nuovo perlustrazioni al mattino, alle prime luci del sole con altri elicotteri. Un problema quindi sottoposto a riservatezza militare, se non vero e proprio segreto. Ma non si tratta di un segreto di quelli che al limite sarebbe interessante scalfire l'impenetrabile corazza. E' un segreto operativo, legato alla guerra nell'ex Jugoslavia. E qui può nascere in noi qualche problema deontologico o morale: abbiamo il diritto di interferire su fatti del genere? D'altro canto le autorità, nel caso questo scenario sia reale, dovrebbero predisporre una dichiarazione ufficiale per incidenti del genere, in modo da non creare leggende e folklore, pur non comunicando dettagli non divulgabili. Altrimenti altri Roswell potrebbero nascere e crescere e portare la leggenda ben oltre al fatidico, e ormai non più leggendario, 2000. Un'alE="Times New Roman">Un'altra ipotesi, assai debole però, potrebbe prendere in esame che all'origine della segnalazione di monte Mutria vi sia un annichilimento momentaneo di un pallone per indagini scientifiche con carico in castellatura rigida (l'ala appuntita), pallone poi ripresosi vuoi anche per una aumentata temperatura esterna e qualche vento propizio. Forse questa ipotesi potrebbe avere una conferma dalla segnalazione di Termoli dei due piloti di ultraleggeri, anche se vi sono evidenti e notevoli discrepanze tra gli orari di osservazione nelle varie osservazioni. Il grande dispiegamento di uomini e mezzi per un eventuale recupero sarebbe plausibile solo in presenza di strumenti ad alta tecnologia trasportati dal pallone. Ultima ipotesi, che non manca e non mancherà mai nelle nostre inchieste: l'errore di valutazione dei testimoni oculari. Avrebbe sbagliato Angelo, avrebbe sbagliato Franco Giambattista. Errore di valutazione e di interpretazione di due testimoni. Angelo potrebbe aver osservato un velivolo, anche convenzionale in prossimità, non effettiva ma solo prospettica, della parete della montagna e lì, in un gioco di prospettiva e di ombre, aver avuto l'impressione che impattasse sul monte, mentre in realtà osservava l'ombra dell'oggetto correre sulla parete del monte Mutria mentre si accingeva a superare la vetta a 1823 metri. Franco Giambattista, e gli altri, avrebbero visto invece un piccolo albero, un tronco divelto o qualcosa del genere. O chissà che cosa. Appunto: che cosa? Le punte del Soccorso Alpino non hanno trovato relitti aerei o... UFO, ma nemmeno tronchi o alberelli, palloni sgonfi, macchie sulla neve nella zona perlustrata. Il mattino dopo c'era solo neve immacolata, anche per gli osservatori a valle. Ed è questo che cruccia ancora Franco Giambattista. Qualsiasi ipotesi possiamo prendere in considerazione, però, dobbiamo ritornare, e sottolineare in modo forte e preciso: l'enorme dispiego di uomini, mezzi ed energie messe in campo in quell'occasione e chiederci: per quale motivo? Perché solamente dopo tre ore dall'allarme iniziano le operazioni di soccorso? Quali verifiche sono state nel frattempo intraprese? Di chi la competenza ad investire la Protezione Civile di una operazione di soccorso in condizioni di pericolosità (notte fonda e montagna con ghiaccio) e in base a che fatti? Perché solo a notte fonda, circa dodici ore dopo la prima segnalazione, il Soccorso Alpino può raggiungere la zona? Dalle 14.30 alle 17.30 (quando scatteranno le operazioni di soccorso), e dalle 17.30 alle 01 del 7 marzo (quando la squadra del Soccorso Alpino si calò nel canalone) nessuno è riuscito ad avere la certezza che lassù non era accaduto proprio nulla? Perché al mattino del giorno dopo si perlustra, con due elicotteri, ancora la montagna e la vallata? Perché tutte queste operazioni non hanno prodotto alcun rapporto ufficiale, alcuna spiegazione alle autorità cittadine di Guardiaregia, alcuna precisazione ai giornali? Anche gli ultimi sviluppi del caso non fanno che aumentare la necessità di queste, ed altre, domande: «(_)In nome del Popolo Italiano, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura Circondariale di Campobasso, dott. Prospero Petti, letti gli atti del procedimento n.643/94 iscritto nel registro delle notizie di reato in data 11.03.94. Esaminata la richiesta del Pubblico Ministero dott. Fabio Papa in data 10.08.94 con la quale si chiede l'emissione di decreto di condanna nei confronti di Giambattista Franco (_), imputato della contravv. p.e.p. dell'art. 658 C.P., in quanto con leggerezza, annunciando un disastro inesistente, occorso ad un presunto velivolo, suscitava l'allarme presso le autorità e presso enti e persone che esercitavano pubblico servizio. In Guardiaregia, il 06.03.94..». Quali sono le responsabilità di chi segnala una presunta sciagura? Quali invece le responsabilità di chi non segnala una presunta sciagura? Dove la leggerezza di Giambattista nel dare l'allarme? Può essere dunque sempre plausibile per un testimone di un UFO-crash una denuncia di «procurato allarme»? Sono tutte domande che restano per ora senza risposta. RINGRAZIAMENTI Gli autori dell'inchiesta ringraziano tutte le persone che con le loro dichiarazioni spontanee hanno consentito la raccolta delle informazioni e dei dati. Un grazie particolare, per la piena disponibilità dimostrata, a Franco e Angelo Giambattista e agli uomini della stazione di Campobasso del Corpo Nazionale Soccorso Alpino del CAI, coordinati da Antonio Venditti, per la preziosa ed insostituibile collaborazione prestata nel sopralluogo sul monte Mutria.A VOLTE CADONO... ANCHE DA NOI di GIUSEPPESTILO _ il 13 dicembre del 1884. Su un prato presso Sorisole, paese collinare situato sette chilometri a nord di Bergamo, un «corpo sfavillante» scende dal cielo e si abbatte su di esso. Questo è il primo, sorprendente - anche per la data da noi così remota -, di una serie di fenomeni di possibile matrice ufologica verificatisi in Italia e che dalla primavera del 1995 si è scelto di catalogare ed analizzare costituendo un progetto di ricerca denominato CrashCat. Esso include l'insieme delle segnalazioni italiane della caduta apparente di corpi volanti verso la superficie terrestre o quella dell'acqua e sicuramente o probabilmente impattati con esse. Insomma, uno studio di potenziali UFO-crash. Da questa analisi si è comunque deciso di escludere le segnalazioni di quelle cose cadute dal cielo tradizionalmente ricondotte alla cosiddetta fenomenologia fortiana (che include ad esempio cadute di blocchi di ghiaccio, di pesci o di altri animali, di sostanze vegetali, sabbiose o gelatinose, ecc.). A scanso di equivoci, occorre precisare che questo lavoro non intende in alcun modo scimmiottare l'attuale moda americana per i cosiddetti dischi volanti precipitati, bensì costituire un'occasione di studio per episodi che sembrano presentare peculiarità tali da rendere utile un'analisi specializzata. Ad esempio, una delle caratteristiche di questo tipo di casistica è rappresentata dal fatto che in una proporzione elevatissima di occasioni (il 75% circa) la natura stessa degli eventi si presenta potenzialmente allarmante e dunque tale da provocare il rapido intervento di organizzazioni pubbliche per valutare dal punto di vista della sicurezza quanto si sta verificando. Così, nel caso della caduta di corpi, si segnala la mobilitazione anche di mezzi imponenti (motovedette, elicotteri ed aerei da ricognizione, unità dell'Esercito, dei Carabinieri o della Marina, della Protezione Civile), qualche volta con modalità e in circostanze tali da indurre a pensare che s'intenda mantenere celato all'opinione pubblica il motivo di tali attività. In altri termini, quella inclusa nel CrashCat è una casistica che, come in poche altre occasioni, vede l'opportunità per l'ufologo - a prescindere dalla natura dei fatti - di chiedere ed ottenere documenti ed informazioni sulle azioni intraprese dalle autorità pubbliche: un processo sempre interessante e processo sempre interessante e che sfocia in risultati a volte contraddittori e comunque da approfondire. Finora, il CrashCat comprende 102 segnalazioni. Esso sono classificate secondo le seguenti quattro categorie: a) corpi visti cadere al suolo e individuati o recuperati (52 casi); b) corpi visti cadere al suolo e non individuati o recuperati (15 casi); c) corpi visti cadere in acqua (31 casi); d) recupero di presunte entità, con o senza ritrovamento di velivoli caduti (4 casi). Per buona parte di questi fatti è stato finora possibile avanzare - con un grado più o meno elevato di attendibilità - delle spiegazioni ragionevoli. Com'era previsto, spesso i testimoni si allarmano, e ritengono di dover associare a fenomeni ufologici le cadute di palloni sonda o di mongolfiere, di meteoriti, di parti di veicoli pilotati o telecomandati o (assai più raramente) di parti di satelliti artificiali e, non ultimo, burle e falsi, realizzati a volte con precisi riferimenti alle mode ufologiche del momento. Non si può tuttavia passare sotto silenzio il fatto che una proporzione significativa di crash (circa il 31% dei casi) presenta tuttora aspetti oscuri, degni di essere esaminati con cura dagli studiosi. Per quanto riguarda la loro valutazione, tuttavia, ho ritenuto che nessuno di questi casi sia al momento classificabile come ufologico, ma debba rientrare piuttosto nella categoria informazioni insufficienti. Infatti, nell'ambito di interesse, da un lato sono finora pochissime le inchieste approfondite e che abbiano trovato un minimo di riscontri concreti, dall'altro è facilmente comprensibile che l'assegnazione dell'etichetta di UFO-crash (con tutto ciò che comporta anche sotto il profilo emotivo per il pubblico e per gli stessi ufologi) richieda ben altri elementi probatori rispetto a quelli di cui disponiamo. Si deve notare inoltre che una buona parte dei casi valutati nel gruppo informazioni insufficienti riguarda casi della terza categoria, cioè oggetti visti cadere in acqua, per la loro stessa natura verificabili con molta maggior difficoltà rispetto agli altri. Un'altra peculiarità del catalogo è che esso include i frequenti casi in cui testimoni attendibili vedono precipitare aerei - spesso in fiamme - che poi si rivelano assolutamente sconosciuti ed irrecuperabili per chiunque. Per puro dovere di cronaca, si ricorda che il CrashCat ospita anche alcune storie (allo stato attuale non si può fare a meno di darne questa definizione) su cadute di veri e propri dischi volanti con conseguenti catture di alieni, vivi o morti. La prima tra queste vicende si riferisce all'«omino verde» che sarebbe stato fatto prigioniero in Puglia intorno al 1910-15; la seconda a «sei alieni» (!) catturati dall'Esercito nel 1959 in una località «115 chilometri a nord di Roma». La terza è relativa ad un asserito coinvolgimento di alcuni Vigili del Fuoco veneti in una cattura ed infine l'ultima fa riferimento all'abbattimento un corpo non identificato nei cieli del Piemonte nel 1974, con conseguentie "autopsie su cadaveri" in una base statunitense della provincia di Savona. Anche ques'ultimo tipo di storie improbabili viene sottoposto agli approfondimenti e ai controlli di nostra possibilità, tenendo ben presente come troppo spesso si rivelano invenzioni pure e semplici, oppure il frutto di sensazionalismo a buon mercato, basato su dicerie prive di elementi di riscontro.DRONE: COMPONENTE INDETERMINATA di NICO SGARLATO I drone, (letteralmente calabroni, ma in realtà aerei spia teleguidati), sono spesso chiamati in causa quali colpevoli di avvistamenti UFO. _ bene precisare subito che, fino a tutti gli anni ottanta, quest'evenienza era scarsamente probabile: i drone, chiamati più tecnicamente RPV (Remotely-Piloted Vehicles, termine che in seguito ha lasciato il posto, ma con minor fortuna, a UAV, Unmanned Aerial Vehicles, e a dizioni similari), benché esistenti dall'epoca della prima guerra mondiale e intensamente usati dagli anni quaranta, raramente uscivano dagli spazi aerei riservati dei poligoni di tiro e dei centri sperimentali ed il loro impiego bellico era stato quasi esclusivamente limitato al Vietnam ed ai più recenti conflitti arabo-israeliani. Con la Guerra del Golfo (1990-91), gli aeromobili senza equipaggio si sono moltiplicati e, più recentemente ancora, in occasione delle operazioni militari sulla ex-Jugoslavia, se ne è fatto (e probabilmente se ne fa ancora) un impiego tanto intenso quanto scarsamente pubblicizzato. Agli onori della cronaca sono balzate solamente le vertenze tra il governo italiano ed il Pentagono, che ha richiesto più volte di poter basare i drones gestiti congiuntamente dal DARO (Defense Airborne Reconnaissance Office) e della CIA su di un aeroporto italiano sull'Adriatico, ottenendone sempre dei rifiuti ma, in realtà, già altre forze ne avevano fatto impiego. Il primo esempio di cui si è avuta notizia è stato il contingente francese dell'Unproform, che ha schierato dieci drone Fox AT-1 dell'Armée de Terre per sorvegliare l'enclave di Bihac. Successivamente, un teleguidato della neo-costituita ditta americana General Atomic Gnat 750, noto con il nome in codice Tier I (poi seguito da altri esemplari) è stato schierato nel primo semestre del 1994 in Albania, dopo il rifiuto italiano, per operare sulla Bosnia e pare che il contigente sia stato in seguito trasferito in Croazia. Dal 1995 si è resa disponibile una versione più avanzata, il Tier II o Predator, anch'esso messo in servizio da un aeroporto albanese, dopo l'ennesimo diniego italiano (tuttavia, è rimasto il dubbio che per breve tempo questi UAV possano aver operato semiclandestinamente da una base sulla nostra penisola). Il Pentagono ha ammesso ufficialmente la perdita di due Predator: il primo probabilmente abbattuto da un aereo serbo, il 10 agosto, ed il secondo il 14 agosto, quando, a causa del funzionamento irregolare del motore e vista l'impossibilità di un rientro alla base, i controllori di volo hanno cercato di farlo precipitare nell'Adriatico; il Predator, invece, si è schiantato contro una collina bosniaca. Peraltro, una fonte serba non ufficiale ha dichiarato che un drone americano è stato catturato pressoché intatto. Ma proprio mentre scriviamo si ha notizia che anche le altre Forze Armate USA vogliono cogliere l'opportunità di sperimentare in condizioni operative i loro mezzi: l'US Marine Corps ha pianificato l'impiego di 20 teleguidati elettrici Pointer, l'US Army intende inviare i propri Hunter basati a terra e l'US Navy vuole valutare i Pioneer, lanciati da unità navali. Attenzione, però, a non generalizzare: gli aeromobili senza pilota sono comunque visibili soltanto in prossimità di fabbriche dei medesimi, poligoni di tiro, aree interdette o soggette a limitazioni al volo e territori sui quali siano in atto azioni belliche.