MIDI SONGS N. 57
(GIUGNO 1998)


Un Tocco di Classica

di Paolo Tonelli

 

1. L’importanza del fraseggio

Benvenuti ad un nuovo appuntamento che inizia da questo numero della rivista e ha come oggetto il vastissimo mondo della musica classica. La vostra guida si chiama Paolo, detto The Chemist, allusione alla professione da lui svolta nella vita di tutti i giorni. Paolo ha studiato organo e composizione organistica al Conservatorio di La Spezia e dopo aver vinto il concorso organizzato da Midi Songs nella programmazione di midifiles "sezione classica", si accinge ora ad accompagnarvi alla graduale scoperta dei tesori musicali composti dai grandi compositori del passato.

Il metallaro che amava Chopin

Poiché la maggior parte di voi lettori di Midi Songs vi dedicate prevalentemente al pianobar in locali pubblici o anche soltanto tra le mura di casa e quindi utilizzate musiche più "moderne", capisco la vostra tentazione di saltare a pié pari questa rubrica. Ma avete mai fatto caso a quante volte nelle interviste a musicisti e produttori famosi nel rock, nel funky, nel jazz eccetera salta fuori che alle spalle hanno una solidissima preparazione classica chi di pianoforte, chi di violino o altro strumento? Questa preparazione, lo ammettono sempre, è stata determinante per la loro formazione ed è ciò che ha consentito loro di assimilare tecniche e stili della musica leggera e poi eccellere nei più diversi generi musicali attuali. Una volta, anzi, sono rimasto davvero "suonato" nel leggere di un chitarrista heavy metal, aspetto fisico da vichingo, sguardo truce, abbigliamento da urlo, il quale confessava candidamente che il suo compositore preferito era Chopin (e non era una battuta!).

Anche per questo motivo ho gentilmente chiesto alla redazione della rivista di concedere alla musica classica uno spazio un po' più ampio rispetto alla sintetica presentazione dei midifiles del Magic Disk, e la minaccia di cospargere Pier Calderan e soci di bacilli di carbonchio, morbillo e febbre gialla, come vedete, ha dato i suoi frutti.

Pianobaristi classici? SI (settimo grado di DO)

Musica classica e pianobar non sono affatto incompatibili tra loro, anzi. Se suonate in locali frequentati non da giovanissimi entusiasti dell'hip-hop o della techno ma da persone un po' più avanti con gli anni e che preferiscono qualcosa di tranquillo, o se avete la fortuna di trovarvi al top per raffinatezza (e guadagno) in grandi alberghi di famose località turistiche, allora vi dedicherete certamente ai più celebri brani jazz, alla migliore canzone napoletana, alle più struggenti colonne sonore e poi... zac, improvviso blackout (concordato tra voi e il proprietario), una candela che illumina debolmente lo smisurato pianoforte a coda e voi... giù un Improvviso di Schubert o una Romanza di Beethoven, per non dire un Notturno di Chopin. Una buona esecuzione e il successo imperituro è assicurato e chissà, forse, anche una buona mancia. Fantasie? Assolutamente no. È più o meno quanto mi è capitato anni fa a Stoccolma, durante una gita con la Facoltà di Farmacia dell'Università di Pisa. Suonammo a turno in tre o quattro improvvisando un intrattenimento serale per la nostra comitiva e i malcapitati presenti, alcuni "ghiaccioli" svedesi atterriti dalla presenza di calorosa gente mediterranea. Ebbene, si sciolsero tutti come neve al sole e non se ne volevano più andare (per farli scappare dovetti suonare Il ballo del qua qua!). Questo vi dimostra che tenere nel proprio repertorio qualche brano di musica classica potrebbe venirvi buono almeno una volta nella vita.

Definizione mancata

Definire le parole "musica classica" in un modo preciso e che metta tutti d'accordo è impresa assai ardua, perciò non lo faremo! Però devo pur dirvi che cosa vi potete aspettare di trovare in queste pagine. Ci occuperemo della musica espressa dalla civiltà dei paesi occidentali, cioè quasi esclusivamente europei, Russia inclusa, a partire pressappoco dal 1650 per arrivare intorno al 1950, il che fa ben tre lunghi secoli di storia. Sarebbe chiaramente impossibile seguire questo lunghissimo arco di tempo passo dopo passo perché richiederebbe qualche decina di annate di Midi Songs per percorrerlo interamente. Per questo salteremo un po' qua un po' là, avanti e indietro tra queste due date, in modo da rendere il tutto più agile, vario e quindi interessante.

Quando, dove, come, chi e perché

In particolare gli argomenti specifici via via trattati saranno i seguenti:

1) storia della musica: prometto che sarà dosata col famoso bilancino del farmacista; infatti, a dosi massicce, può causare pesantezza di stomaco, benché sia di grande aiuto, insieme allo studio del periodo storico e della sua influenza in tutti gli altri settori dell'arte, per capire in profondità il significato di quanto realizzato dal compositore;

2) stili musicali: in questi trecento anni di storia c'è stata una enorme evoluzione del linguaggio musicale, evoluzione che è avvenuta ad una velocità certamente non paragonabile a quella dei giorni nostri dove gli stili in voga cambiano dalla mattina alla sera, ma che ha comunque portato ad una miriade di generi musicali completamente differenti tra loro, sia nell'organico strumentale (orchestra da camera, sinfonica, strumenti solisti, quartetti, ecc.) sia nella forma compositiva (sonate, tema e variazioni, sinfonie e così via);

3) commento ai brani proposti: per quelli che costituiscono una pietra miliare nella storia della musica faremo un'analisi un po' più dettagliata della partitura.

4) esecuzione ed interpretazione: sfruttando l'enorme potenziale didattico delle basi MIDI faremo dove possibile qualche accenno a difficoltà esecutive o a particolari problemi interpretativi;

5) tecnica di realizzazione dei midifile presentati: ci sarà abbondante materiale su come realizzare nel modo migliore dei midifile di musica classica, così da poter apprendere altri segreti dell'arte della programmazione (peraltro applicabili a qualsiasi altra situazione musicale) e, se terrete le orecchie ben aperte, dell'arrangiamento.

È tanta roba, ma non spaventatevi: tutti questi aspetti non saranno affrontati in modo sistematico in ogni puntata, il che sarebbe una impresa titanica destinata all'inevitabile affondamento, data la mole e la complessità della materia, ma la indagheremo poco per volta man mano che se ne presenterà l'occasione. Siccome la possibilità di scelta dei brani è limitata a "poche" migliaia di pezzi, starà anche a voi far presente le vostre preferenze per approfondire ciò che vi interessa di più.

Prima puntata: il fraseggio

Dopo questa lunga ma doverosa introduzione, oggi ci soffermeremo su un aspetto fondamentale del fare musica: il fraseggio.

Insieme al modo di porre gli accenti e le variazioni di volume sonoro (dinamiche) e di tempo metronomico (ritmiche) all'interno di uno stesso brano, un fraseggio corretto è alla base di ogni buona esecuzione poiché contribuisce a trasformare dei segni statici, vale a dire fermi e di per sé inespressivi quali sono le note scritte o stampate sulla carta, in vera musica, rendendoli vivi e capaci di suscitare delle emozioni in chi ascolta.

Quando parliamo, ognuno di noi ha un suo particolare modo di "fraseggiare" ovvero di articolare le parole legandole tra loro un po' più o un po' meno e così le frasi: c'è chi le scandisce bene tutte, chi se le mangia affannosamente, chi le lascia sospese per aria a metà, chi parla a monosillabi eccetera. Tutto questo lo facciamo solitamente senza grande attenzione perché ci viene spontaneo, e allo stesso modo quando si suona, chi ha un buon orecchio può trovare un fraseggio che "funziona" anche senza rendersene completamente conto. Sapere però che esistono modi molto diversi tra loro di porgere le parole e dunque anche le note – non a caso diciamo che i musicisti più bravi riescono a far "parlare" il loro strumento - significa aumentare di molto le nostre capacità espressive. Ma ricordatevi che se ciò che state dicendo o suonando è insensato, insensato rimane e non c'è buon fraseggio che tenga!

Non soltanto LA SOL LA

Il brano che servirà al nostro scopo lo prendiamo da quel genio musicale tedesco che porta il nome di Johann Sebastian Bach. Di questo immenso musicista, vissuto tra il 1685 e il 1750, praticamente tutti conoscono l'inizio della Toccata e fuga in RE minore, quel LA SOL LAAAAA che è conosciuto quanto il SOL SOL SOL MIII (bemolle!) di Beethoven; qualcuno sa persino andare avanti oltre quelle prime tre note e arrivare fino al SOLFAMIREDO (diesis) RE, ma solo pochi coraggiosi riescono ad arrivare alla nota conclusiva senza... fuggire. In realtà le composizioni di Bach sono assai numerose e molte sono dei capolavori assoluti, sia che si tratti di pagine per organo che per flauto e clavicembalo o per orchestra da camera o altre formazioni strumentali.

Un posto importante nella sua produzione spetta alle opere scritte appositamente a fini didattici (alcune delle quali sono già state pubblicate su Midi Songs):per esempio il libro dedicato alla sua seconda moglie Anna Magdalena oppure le Invenzioni a 2 e a 3 voci, e poi Suite, Partite, Preludi e altro ancora. Anche se scritte in origine per clavicembalo, gran parte di queste composizioni costituiscono tuttora la base dello studio per tutti i pianisti classici poiché, a parte il libro per Anna Magdalena che è decisamente più facile, già dalle Invenzioni a 2 voci in poi le linee melodiche sono già incredibilmente musicali e non semplici esercizi tecnici, e si sviluppano in modo complesso e in piena autonomia tra mano destra e sinistra, portando alla completa indipendenza delle due mani (così i musicisti devono intendere la frase "non sappia la destra ciò che fa la sinistra!).

Probabilmente per il figlio primogenito Wilhelm Friedemann furono composte le Triosonate, sei in tutto, contraddistinte dai numeri da 525 a 530 del BWV che sta per Bach Werke Verzeichnis, catalogo delle opere di Bach. Sono composte da tre movimenti ciascuna e scritte in origine per clavicembalo a due tastiere con aggiunta di pedaliera; oggi vengono di solito eseguite all'organo ma si possono ascoltare anche versioni per trio strumentale, con l'impiego di violino, viola, violoncello, flauto, oboe, clavicembalo; qui ho scelto flauto, oboe e violoncello ma potete sbizzarrirvi a trovare le combinazioni che più vi piacciono, tenendo però presente che organo Hammond, chitarra distorta e basso slap sono sicuramente una formazione originale ma non molto adatta ad una fedele riproduzione!

Andiam, andiam andiamo a fraseggiar

Ho detto prima che ad una esecuzione coinvolgente concorrono nello stesso istante e con la medesima importanza fraseggio, accenti, variazioni dinamiche e ritmiche. Tutti questi elementi andrebbero perciò considerati insieme - oltretutto gli accenti sono parte integrante del fraseggio stesso, ma per noi abitanti del pianeta MIDI nulla è impossibile, neanche separare l'inseparabile.

Come si fa? Basta fissare un unico valore di Velocity per tutte le note (e così se ne vanno via gli accenti), evitare l'uso dei Control Change 7 per il volume e 11 per l'espressione (e così se ne vanno via le variazioni dinamiche)e non usare la Mastertrack (e le variazioni ritmiche qui non se ne vanno perché un pizzico di Mastertrack l'ho ugualmente adoperata ma è comunque ininfluente ai nostri fini).

E così il nostro povero fraseggio restò solo, unico responsabile della "musicalità" del brano e dovette svelarsi per quello che, molto semplicemente, era: la lunghezza delle note! Detta così sembra una banalità o una cosuccia facile facile ma non lo è affatto, andate avanti e capirete il perché.

Partiamo dall'Allegro moderato iniziale: se consideriamo la risoluzione normale di Cubase di 384 unità (tick) per quarto, possiamo ricavarci la lunghezza in tick dei valori di nota più comunemente usati (vedi tabella). Ora prendete le prime quattro battute e fissate pazientemente i valori di lunghezza delle note secondo la tabella. Fatto? Bravi, fatica inutile perché le abbiamo già impacchettate noi nel midifile di esempio ZZBACH1. Ascoltatelo, vi piace ancora? Se già non vi piaceva prima allora chiaramente non c'è rimedio (nemmeno omeopatico), ma questa versione ha decisamente qualcosa che non va, nonostante la lunghezza delle note sia quella "giusta", cioè rispetta esattamente i valori di durata delle note stampate. Già, ma lo spartito, come si diceva all'inizio, non è per niente espressivo e a noi tocca l'arduo compito di farlo "cantare". Così, considerato lo stile musicale e il tempo metronomico di partenza, la lunghezza più appropriata per rendere le note iniziali da un ottavo non sarà di 192 tick ma di un valore tra 108 e 132: se un editore avesse provato a stampare dei valori di nota più vicini a quello che nella pratica si suona, ne sarebbe venuta fuori una parte piena zeppa di punti, legature, pause brevissime, col risultato di essere praticamente illeggibile.

Per quanti di voi hanno voglia di spendere un po' di tempo su queste cose, andate al file di esempio ZZBACH2 dove trovate quattro misure tratte dal terzo movimento lasciando invariati flauto e violoncello:

1) l'oboe suona le note del valore di un ottavo tutte con lunghezza 96 tick

2) con lunghezza 132 tick

3) con lunghezza 168 tick

4) come nel midifile: le prime 2 battute 108 tick e le due successive 192 tick.

Le differenze sono ben evidenti: si passa da uno staccato "spiccato" un tantino eccessivo (96 tick corrispondono ad un sedicesimo, quindi la metà esatta del valore stampato) ad uno staccato "appoggiato" (132 tick) ad un quasi legato (168 tick) che nelle prime due battute suona fuori luogo.

Dunque differenze di pochi tick possono dare un’impronta, o se preferite un "feeling" nettamente diverso all'esecuzione. Tutto questo vale anche nel campo della musica leggera; per esempio, in uno strumento fondamentale come il basso elettrico il tenere le note un poco di più o di meno può fortemente influenzare il disegno ritmico complessivo.

Se volete fare ulteriori prove sui midifile di esempio potete procedere a passi di 12 tick, che può essere considerato l'intervallo minimo significativo in quanto corrisponde alla metà della figurazione musicale più breve, che è la semibiscroma (valore 1/64, lunghezza 24 tick).

Chi la misura la dura(ta)

I semplici esempi che abbiamo fatto non bastano certo ad esaurire un argomento tanto complesso ma spero che le osservazioni di oggi vi abbiano dato almeno una prima idea e reso più consapevoli dell'importanza di un fraseggio corretto. La prossima volta che vi capita di sentir suonare in modo "piatto" provate a chiedervi se è proprio il pezzo o l'arrangiamento che non funzionano o non piuttosto uno dei musicisti che magari suona la sua parte tutta bella legata quando invece le note andrebbero evidenziate una per una oppure slega tra loro frasi che dovrebbero scorrere via lisce come l'olio (da scegliere a piacere tra quello di vaselina, di ricino o di mandorle dolci). D'ora in poi dunque portate sempre con voi un metro e misurate, gente, misurate!